Rosetta inforca la bicicletta. Pedala velocemente. mancano dieci minuti alle otto e come ogni mattina vuole essere puntuale. Ormai sono tre mesi che lavora dalla Signora Luciana. E' diventata una colf. Non è il suo lavoro, anzi lo detesta quell'impiego. Lei è sempre stata segretaria in una grande azienda, ma poi, il licenziamento, la necessità l'hanno costretta ad accettare quella mansione che considera deleteria per la sua mente. E' sempre stata abituata ad usare più che il corpo, il cervello. Ora, per quel nuovo lavoro, non le si richiede alcuno sforzo cerebrale. Deve solo pulire.
Queste sono le riflessioni che l'accompagnano ogni giorno, mentre spolvera, lucida, lava e stira cose non sue.
La sua fatica ha un unico fine: quello di sfamare sé stessa e la propria famiglia. Non c'è sfinimento, soddisfazione intellettuale. La sua mente si sta atrofizzando. Le sue mani, ora ruvide, non scrivono emozioni ma solo lista della spesa. Non più "amore, cuore, passione" ma "pane, latte, formaggio".
Per Rosetta tutto questo è una grande sofferenza. Si rende conto che si sta concretizzando il suicidio del suo interiore.
Ha deciso. Si ribellerà. E così, Rosetta ha imparato a bluffare. Ogni mattina, nasconde nella tasca del grembiule, un piccolo taccuino e una biro. Lassù, nella mansarda di Giacomo, il figlio della Signora Luciana, Rosetta anziché pulire a fondo, si siede sulla moquette, la schiena contro l'armadio e scrive tutto quello che serba dentro di sé. L'orecchio sempre vigile ad ogni rumore al piano sottostante. Appena percepisce il pericolo, nasconde velocemente carta e penna in tasca e riprende a pulire. Quando invece è il turno del salone, dove ci sono due grandi biblioteche stracolme di libri di ogni genere, si nasconde in un angolo e, in piedi, con la scopa appoggiata al fianco, legge. Lì tra l'odore della cultura, rinasce.
Sa che sta imbrogliando, sa che non rispetta le regole, sa che corre il rischio di essere licenziata, ma sa anche che il suo comportamento è indispensabile per la sua salute mentale e fisica. Solo così riuscirà a sopravvivere.
E' mezzogiorno. Nonostante il suo inganno, Rosetta lascia sempre la casa della sua "padrona" pulita e in ordine. La Signora Luciana è soddisfatta di Rosetta anche se non glielo dice mai. E' proprio una brava collaboratrice. Una donna fidata, precisa, puntuale, riservata, discreta, educata, sa trattare con gli ospiti e nei giorni nei quali il telefono non smette di squillare, le fa' pure da segretaria. Questi benevoli commenti nei suoi riguardi, Rosetta li ha uditi, di nascosto, ma le sono rimasti indifferenti.
La Signora Luciana è una persona che conta in quella piccola comunità. La sua è una casa importante, ricca e Rosetta è proprio la persona adatta per la sua riservatezza e sicurezza. Non come le precedenti colf che raccontavano ogni movimento della casa e della famiglia Brambilla. Sì perché Luciana è la moglie di Ambrogio Brambilla, l'industriale lombardo, il re del sapone.
Rosetta di tutta questa importanza e ricchezza non scorgeva nulla. Per lei la casa e la famiglia Brambilla non sono altro che pavimenti, lenzuola e camicie da lavare. Non è altro che la fonte del suo guadagno.
Al termine del suo lavoro, Rosetta inforca nuovamente la bicicletta e pedalando verso casa, sente il benefico vento che le viene incontro, le rallenta la corsa ma a lei fa' piacere. Quell'aria le spazza via dal corpo la fatica e l'umiliazione di quel lavoro che lei tanto detesta. Quella è l'ora nella quale tutte le colf del vicinato fanno ritorno alla propria casa. Si conoscono tutte. Si salutano. Si scambiano innocenti confidenze sui rispettivi titolari. Rosetta quasi sempre tace non per rispetto verso i Signori Brambilla, ma semplicemente perché lei dei Signori Brambilla non sa che dire. Per lei sono solo mobili e tappeti da spolverare. Osserva attentamente le altre domestiche e si sente in colpa di denigrare, odiare così tanto quella loro fatica che ora è anche la sua. Ha imparato che ogni lavoro è dignitoso e che nessun impiego è così umiliante da essere scartato. Ma lo pensa veramente? No. Non lo pensa. Per lei quel lavoro è sofferenza.
Finalmente è nella propria casa e contrariamente a quel che ci si aspetta da una colf, quella casa non è ordinata, non è estremamente pulita. "Al limite del colera" scherza con sé stessa quando guardando quel disordine, lo confronta con il lindore lasciato alla famiglia Brambilla.
"Rosetta, questa è la tua casa. Non credi che tu debba trattarla meglio di quella degli altri?" La sua coscienza spesso si fa' viva, ma lei, Rosetta, non sempre le da' ascolto. C'è un ulteriore moto di ribellione dentro di lei, sempre verso quel lavoro che non sente suo e non riesce ad accettare.
"No. Io non sarò mai la colf di me stessa"